Plastisfera: è nato un ecosistema autonomo basato sulla plastica

07. Giugno 2023 Ambiente 0
Plastisfera: è nato un ecosistema autonomo basato sulla plastica

Dalle acque dolci dei Poli all’altopiano del Tibet. Uno studio dell’Istituto di scienze polari del Cnr ha messo in evidenza l’inquinamento generato dalle microplastiche e la crescente diffusione di questi polimeri, con la conseguente creazione di micro ecosistemi artificiali basati sulla plastica.

La ricerca, elaborata dai ricercatori dell’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche di Messina (Cnr-Isp) e pubblicata sulla rivista Science of the Total Environment, ha preso in esame i dati relativi all’inquinamento causato da microplastiche nelle acque dolci dell’Artico, dell’Antartide e nell’altopiano in Tibet, un habitat denominato ‘Terzo Polo’ che racchiude il 15% dei ghiacci di tutto il Pianeta.

Tale tipologia di inquinamento, si legge in un comunicato del Cnr, rappresenta una minaccia a livello globale, anche in considerazione del grande aumento di produzione della plastica, che è passata da 1,5 milioni di tonnellate negli anni Cinquanta del secolo scorso, ai 359 milioni di tonnellate nel 2018.

Le aree geografiche della ricerca

“Artide, Antartide, Altopiano del Tibet: abbiamo preso in considerazione tre ambienti molto distanti tra loro, ma accomunati dalla presenza di microplastiche nei laghi, nei fiumi, nei ghiacciai e nella neve, con ogni probabilità trasportate in queste zone dagli uccelli e dal vento, o accumulate in conseguenza di attività antropiche, come il turismo e le attività di ricerca svolte nelle basi. Questo rappresenta una problematica notevole, visto che la loro presenza all’interno del ghiaccio può agevolarne lo scioglimento, oltre a determinare un pericolo per gli animali che vivono in quelle aree, dovuto all’eventuale ingestione, che può condizionare la catena alimentare di quegli ecosistemi”, sostiene Maurizio Azzaro, responsabile della sede Cnr-Isp di Messina e coautore della review.

Un aspetto particolare, emerso da questa analisi, riguarda l’attività dei microbi, che nelle zone glaciali risulta essere al contempo nociva e potenzialmente vantaggiosa per l’ambiente. “Le microplastiche fungono da superfici sulle quali le comunità microbiche riescono a svilupparsi – modificandone di fatto l’habitat – creando quella che gli scienziati hanno definito ‘plastisfera’, un ecosistema artificiale basato, per l’appunto, sulla plastica.

L’azione dei microbi può alterare la galleggiabilità e aumentare la tossicità dei polimeri plastici, ma allo stesso tempo ne accelera la degradazione, in virtù delle basse temperature. Pertanto, l’impiego di microbi potrebbe costituire una potenziale strada ecosostenibile per mitigare l’inquinamento da microplastiche nelle aree fredde della Terra”, prosegue il ricercatore del Cnr-Isp.

Mentre i mari costieri e gli oceani sono oggetto di molteplici studi, i dati sull’inquinamento da microplastiche nelle acque dolci di queste aree risultano ancora limitati. “Il nostro lavoro ha messo in evidenza come anche i metalli pesanti (quali rame, piombo e nichel) tendano a legarsi alle microplastiche in acqua, rappresentando un ulteriore problema ambientale. Riteniamo che in questo settore vadano incentivate ulteriori attività di ricerca e che il monitoraggio e il contrasto all’inquinamento da microplastica, soprattutto in zone così fragili a livello ambientale, debbano essere considerati tra le priorità dei decisori politici per il prossimo decennio”, conclude Azzaro.


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