Al via il primo progetto di ricerca italiano “IsoMed” per studiare gli effetti dei cambiamenti climatici su popolazioni marine

Al via il primo progetto di ricerca italiano “IsoMed” per studiare gli effetti dei cambiamenti climatici su popolazioni marine

Studiare, mediante l’utilizzo di traccianti chimici naturali, le migrazioni, la dieta e altre caratteristiche ecologiche degli organismi marini nel Mar Mediterraneo. Approfondire, inoltre, gli effetti dei cambiamenti climatici sulla loro ecologia e sui cicli biogeochimici. È questo l’obiettivo di “IsoMed”, il primo dei cinque progetti di ricerca scientifica a conduzione italiana in programma a bordo della “St. Helena”, ex nave della Royal Mail inglese. 

L’imbarcazione navigherà dal 13 Aprile al 7 Maggio dall’Arabia Saudita al Senegal. Ciò per connettere le due tappe della competizione automobilistica X Prix, organizzata da Extreme E, evento di corse off-road di SUV totalmente elettrici in territori estremi.

La nave St. Helena di Extreme E (photo credit: Extreme E)

Il progetto

Così, Extreme E ed Enel Foundation, leader nella transizione energetica ecologica, hanno stretto un accordo e hanno invitato i ricercatori di tutto il mondo a unirsi al viaggio sulla “St. Helena”. Ciò per condurre programmi di ricerca e divulgazione nei luoghi attraversati dalla competizione. In particolare, concentrandosi sulle analisi degli effetti dei cambiamenti climatici e suggerendo strategie di adattamento e mitigazione dell’impatto.

Questo progetto è guidato da Sarah Magozzi, Eric Diaz Delgado e Trevor Willis della Stazione Zoologica Anton Dohrn (SZN) e Giuseppe Suaria del Consiglio nazionale delle ricerche – Istituto di scienze marine (Cnr-Ismar).

L’obiettivo è costruire delle mappe di traccianti chimici naturali presenti nel plancton – piccoli organismi marini che vengono trasportati passivamente dalle correnti – alla base delle reti trofiche marine in Mediterraneo. Queste mappe sono definite “isoscapes” e forniscono un riferimento per l’interpretazione dei valori dei traccianti misurati nei tessuti animali. Infatti, sono estremamente utili per comprendere migrazioni, dieta e il modo in cui esse sono influenzate dalla crisi climatica.

«Il plancton rappresenta la base della catena alimentare di molti organismi marini passando dagli organismi che si cibano direttamente di esso fino ai predatori”, spiega la dottoressa Sarah Magozzi in una recente intervista. “Poiché “noi siamo quel che mangiamo”, il plancton fornisce il segnale di base che viene riflesso in tutti i livelli della catena alimentare. Siccome questo segnale varia nello spazio, confrontando gli isotopi misurati nei predatori con quelli nel plancton possiamo riuscire a capire dove i predatori mangiano e di conseguenza dove e come si spostano».

Fitoplancton

I predatori a rischio

Negli ultimi anni, molte popolazioni di predatori marini hanno subito un rapido declino a causa dei cambiamenti climatici e delle altre minacce antropogeniche. Una gestione e conservazione efficaci delle popolazioni rimanenti richiedono una conoscenza approfondita dei loro spostamenti, normalmente piuttosto difficili da monitorare direttamente.

Per il Mar Mediterraneo la ricerca di IsoMed diventa quindi di cruciale importanza. Ciò n ragione del fatto che permette di identificare le regioni chiave per l’approvvigionamento di cibo, l’accoppiamento, la riproduzione e l’accudimento della prole degli organismi marini. 

Monitoraggio della plastica in mare

Inoltre, questa ricerca consentirà di delineare gli scenari di cambiamento climatico e gli effetti della crisi climatica sui cicli biogeochimici marini, sulla struttura e stabilità dell’ecosistema. Inoltre, a bordo della nave St. Helena verranno raccolte microplastiche e condotti monitoraggi di macroplastiche a cura di Giuseppe Suaria, esperto del Cnr per questo tipo di inquinamento. I dati ottenuti verranno utilizzati per validare le stime della distribuzione e abbondanza di plastica nel Mar Mediterraneo, in particolare nel bacino del Levante.


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