Da Roma a Glasgow: la strada è ancora lunga e piena di ostacoli

Da Roma a Glasgow: la strada è ancora lunga e piena di ostacoli

Con alcuni grandi inquinatori che hanno “snobbato” il G20 di Roma e non saranno presenti neppure a Glasgow, arriva come un macigno sul tavolo della COP26 il rapporto State of the Global Climate 2021dell’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo).

Numeri e osservazioni scientifiche da far venire i brividi: gli ultimi sette anni dal punto di vista del clima, sono stati i più caldi da quando ci sono rilevazioni scientifiche della temperatura, il livello degli oceani si è alzato più velocemente fra il 2013 e il 2021, in crescita anche il tasso di acidità dei mari, a causa della forte presenza di CO2, attualmente il più alto da 26.000 anni. Ci stiamo abituando ad eventi meteorologici estremi e tutti questi fenomeni sono ormai scientificamente collegati al cambiamento climatico provocato dall’uomo, ha dichiarato il segretario generale della Wmo, Petteri Talaas, presentando il rapporto.

Crescono le proteste degli attivisti

Appena arrivata a Glasgow, Greta Thunberg non ha perso giustamente l’occasione di bacchettare tutti i “grandi” della Terra, sostenendo che “finora non hanno intrapreso un’azione reale perché il cambiamento climatico non è per loro una vera priorità attuale“.

Tutti tranne la regina Elisabetta, elogiata dall’attivista svedese per la sua sincera preoccupazione riguardo al cambiamento climatico, per il quale la sovrana ha recentemente dichiarato che serve il contributo di tutti, in primis dei personaggi più influenti a livello internazionale.

Glasgow è l’ultima chance?

Alla COP26 di Glasgow si dovranno decidere tante cose, ma quella che conta davvero è quanto ciascun stato è disposto a tagliare le proprie emissioni di gas serra.

Se la somma di tutti i tagli sarà consistente, si potrà mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 2 gradi rispetto ai livelli pre-industriali, o anche al di sotto di 1,5 gradi (l’obiettivo massimo).
Se i tagli saranno modesti, il riscaldamento supererà sicuramente quel limite e ci troveremo ad affrontare processi di desertificazione sempre più ampi, frequenti eventi meteorologici estremi che faranno aumentare guerre, fame, migrazioni e disuguaglianze.
Firmando gli Accordi di Parigi del 2015, gli stati membri dell’Onu hanno preso l’impegno a ridurre le emissioni (Ndc, Nationally Determined Contributions) di almeno il 40% entro il 2030. 

Ogni 5 anni questi impegni devono essere rivisti. Oggi, con India e Cina refrattarie alla decarbonizzazione entro i tempi prefissati, il fallimento è dietro l’angolo, come ha ammesso lo stesso premier britannico Boris Johnson. Mentre Alok Sharma, presidente della Conferenza Onu sul clima, ha ammesso che il target di 1,5 appare al momento “molto difficile” da raggiungere nei tempi auspicati, ma non impossibile con il reale impegno di tutti.


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