Il report del Wwf: Roma è la città più inquinante del Mar Mediterraneo

Il report del Wwf: Roma è la città più inquinante del Mar Mediterraneo

Nel mar Mediterraneo si trova la più alta concentrazione di microplastiche mai misurata in un ambiente marino, esattamente 1,9 milioni di frammenti per metro quadrato. In molte aree del pianeta, tra cui appunto il Mar Mediterraneo, è già stata superata la soglia massima di inquinamento pericoloso da microplastiche.

E’ quanto emerge dal rapporto del Wwf «Inquinamento da plastica negli oceani – impatti su specie biodiversità ed ecosistemi marini», nel quale si evidenzia che tra le dieci città più inquinanti in termini di plastica nel bacino Mediterraneo ci sono ben cinque città italiane. Roma che detiene il record assoluto e a seguire Milano, Torino, Palermo e Genova.

Cosa succede nel Mediterraneo

Sono circa 229 mila le tonnellate di plastiche che ogni anno finiscono nel mare. Oltre la metà proviene solamente da tre paesi: il 32% dall’Egitto, il 15% dall’Italia e il 10% dalla Turchia. E il Wwf lancia l’allarme in vista della prossima Assemblea della Nazioni Unite per l’Ambiente – Unea  perché si adotti un Trattato globale legalmente vincolante.

L’Europa, dopo la Cina, è il secondo maggiore produttore di plastica e in media all’anno rilascia nei mari 307-925 milioni di rifiuti. Di questi, l’82% sono di plastica, in particolare piccoli frammenti e articoli monouso come bottiglie, imballaggi e sacchettiLe attività che più influiscono negativamente sul problema sono quelle costiere e una gestione inefficiente dei rifiuti, che peggiora nel periodo estivo per l’aumento del flusso di turisti e delle attività ricreative sulle spiagge. Seguono con il 22% le attività in mare come pesca, acquacoltura e navigazione, che nelle acque disperdono nasse, reti e cassette per il trasporto del pesce.

La fauna marina è la più colpita

Secondo lo studio del Wwf, almeno 116 specie marine tra quelle che vivono nel Mediterraneo hanno ingerito plastica. Il 59% sono pesci ossei, cioè sardine, triglie, orate, merluzzi, acciughe, tonni, che fanno parte anche della nostra catena alimentare. Se sempre più plastica viene ingerita da questi organismi marini, essa può risalire la rete alimentare e arrivare nei nostri piatti.

Il restante 41% è costituito da altri animali marini come mammiferi, crostacei, molluschi, meduse, tartarughe e uccelli. Un esempio concreto è la balena che quando apre la bocca filtra circa 700 litri di acqua e ingerisce una quantità enorme di plastiche e microplastiche che hanno un’elevata concentrazione di inquinanti. In alcuni mammiferi misticeti che vivono nel Mediterraneo, si trovano livelli di inquinanti organici persistenti o additivi della plastica fino a quattro o cinque volte superiori a quelli di balene che vivono in zone del mondo meno contaminate.

Una crisi globale

“Tutti i dati suggeriscono che la contaminazione da plastica dell’oceano sia irreversibile. Una volta dispersi nell’oceano, i rifiuti di plastica sono quasi impossibili da recuperare. Si frammentano costantemente e quindi la concentrazione di micro e nanoplastiche continuerà ad aumentare per decenni. Agire a monte dell’inquinamento da plastica è molto più efficace che ripulire in seguito. Se i governi, il mondo produttivo e la società agiscono all’unisono ora possono limitare la crisi planetaria della plastica”, ha dichiarato Eva Alessi, responsabile sostenibilità di WWF Italia.


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